Il Governo Conte 2 è nato: il tempo chiarirà se è stato un errore, quanto grande e perché è stato consapevolmente fatto dai vertici del M5S.
Ci sono molte cose disturbanti che ne hanno accompagnato la nascita: dai tentennamenti del “Capo politico” ai suoi inutili aut aut fino alla calata di braghe di fronte alle richieste del PD che torna a governare potendo mettere nuovamente le mani nella marmellata e ricominciare a promettere. Giusto così: i treni, specie quelli dove non si paga il biglietto, si prendono al volo.
Al netto dello scoramento per la situazione ormai delineatasi ci sono 2 considerazioni meste, ovviamente, che è utile fare.
La prima riguarda Di Maio. Il capo politico del M5S i cui limiti sono sempre più evidenti, è divenuto il titolare di un ministero, quello degli Esteri, dove non potrà che fare brutte figure. Contrariamente a quello del Lavoro dove il rigore, le idee, l’intraprendenza e la “visionarietà” possono – anche se mai del tutto – sopperire alla mancanza di conoscenza della materia, quello degli Esteri necessita di cultura, conoscenza perfetta – perfetta, non da strada – di almeno inglese, francese e spagnolo e, last but not least, spigliatezza e appeal. Di Maio in una riunione internazionale farà la fine di quello che durante l’Erasmus va al pub con gente che proviene da tutto il mondo e va a prendere le birre per tutti perché non sa come e che cosa dire. Considerando che la politica estera dell’Italia è pari a 0 (non contiamo un cazzo a livello mondiale) visto l’appiattimento sulle posizioni americane (tranquilli: non siamo gli unici burattini) a Di Maio non resta che collezionare brutte figure mentre il PD riesce a piazzare Gentiloni Commissario Europeo. A Zingaretti piace vincere facile.
La seconda amarezza riguarda il tanto sbandierato Rousseau, la piattaforma attraverso la quale il M5S esplicherebbe la sua “democrazia interna”. Il sistema – e lo sostengo da anni – è marcio: la percentuale bulgara con cui sono passate le ultime proposte “votate” su Rousseau non fanno che indicare che quei voti sono diretta emanazione di chi ha incarichi all’interno del Movimento che, come tutti i Partiti, fa ormai mangiare tante famiglie, amici e amanti (con o senza telecamera nascosta).
La votazione sul caso Diciotti, del resto, aveva chiaramente dimostrato l’inizio della fine.
Se avessero votato i primi 10000 iscritti al Movimento (i primi, quelli presi in giro e spernacchiati) non sarebbero passate Diciotti, il mandato zero (!) e neppure il nuovo Governo: perché sono tutte questioni scellerate a cui il buon senso, un tempo al primo posto degli obblighi del M5S, avrebbe suggerito un no secco.
Di Battista sa bene di cosa parlo e, infatti, resta defilato.