Sulla questione dell’abbattimento, o della cancellazione della relativa scritta, dell’obelisco del Foro Italico, monumento a Mussolini, si è scatenato contro il presidente della Camera un clamore eccessivo, oltre che immeritato.
Laura Boldrini non merita tutto questo livore. In fondo, siamo ormai indulgentemente abituati a molte sue uscite fuori tempo e fuori luogo, spesso imprudenti e poco allineate con le cautele riflessive che la carica istituzionale imporrebbe.
Quest’ultima poi, oltre che contro la logica, è contro la stessa storia, che è fatta di sedimenti non sempre e non a tutti graditi, ma comunque assimilati ad una comune identità che nessuno può cancellare.
Con motivazioni ben più corpose, c’è chi ipotizza l’abbattimento del Colosseo, luogo di orrendi massacri, o di Castel Sant’Angelo, lugubre ricettacolo di atroci sofferenze. Eppure, rimangono li, perché della loro ignominia, come del loro fasto, è impregnata la nostra memoria, nel bene e nel male.
Persino Auschwitz è rimasto al suo posto con il suo “arbeit macht frei”: ma oggi il presidente della Camera d’Italia vuole far cancellare la ben più innocua scritta “dux”… Che dire?
Il vero problema è anche più ampio: nel nostro quadro politico la confusione delle idee (unita alla loro ancor più frequente assenza) regna sovrana, e alle parole non si mette mai un freno: qualsiasi sproloquio è buono pur di apparire all’avanguardia di chissachè, nel tentativo, spesso penoso, di conquistarsi il quotidiano posticino nelle cronache dell’Italietta.