Un itagliano guadambia la metà di un teteshko, addirittura meno di un Cipriano; tuttavia negli sprechi non siamo secondi a nessuno (e ci mancherebbe!).
Grazie a Zio, abbiamo qualcuno che ci prende per il culo quotidianamente con la solita storiella dei sacrifici e delle riforme necessarie e, così, andiamo a dormire ancora una volta felici e cornuti.
Purtroppo gli itagliani le corna le portano per bene: se le sistemano per bene sulle tempie e, dopo un po’, riescono addirittura a valorizzarle. L’arte di arrangiarsi. E di arrendersi.
Felici e cornuti, insomma: felici di mettersi in fila per pagare tasse e multe parlando di quanto ha fatto schifo l’ultimo festival di Sanpero, che però li ha tenuti incollati davanti al teleschermo.
Il pensiero principale non è pretendere di sapere, alla luce dei soldi buttati quotidianamente tra appalti, consulenze, corruzioni, chi siano i responsabili per recuperare il maltolto ma se la farfalla sta bene tatuata anche sulla mia fica o chi, l’allenatore Rejetto, farà giocare nel prossimo derby.
Non c’è alcuna capacità di resistenza passiva a tutto ciò che stiamo subendo: ci hanno vincolato ai conti correnti, e continuiamo ad aprirli; la benzina aumenta a livelli inauditi e continuiamo a muoverci con l’automobile, come se niente fosse; ci hanno incatenato ad un debito che non abbiamo provocato, ce lo faranno pagare con gli interessi ma a noi interessa la “questione generazionale”.
Al limite, dovremmo chiederci che cosa significa “itagliano”.
Di cosa siamo stati protagonisti, come “popolo”, da 300 e passa anni a questa parte.
Al netto dei cliché (la pizza, la moda, gli azzurri), ben poco.
Ecco perché oggi siamo un popolo (uno Stato?) ridotto in schiavitù e incapace di reagire.
Del resto, qualcuno ha mai smentito Dazzeglio?
Ottimo articolo.