Dal “Chi guida il Paese dia speranza all’Italia” del 23 settembre scorso all’”Occorre evitare facili vie d’uscita in illusori e poco lungimiranti localismi” (12/11), passando per alcune chicche tipo ”Un deciso e accresciuto impegno per la salvaguardia e la valorizzazione del capitale umano del nostro Paese e delle sue risorse di creatività e di innovazione è condizione indispensabile per assicurare una equilibrata crescita economica e la stessa tenuta del tessuto civile e sociale” (22/6), il geniale ”C’è bisogno di maggiore senso delle istituzioni” (1/11), il sorprendente ”La condizione carceraria in Italia troppo spesso appare distante dal dettato costituzionale.” (24/11), lo sconvolgente ”La sicurezza e la dignità del lavoro devono avere valenza primaria” (25/11), il sapiente ”Impegno per fermare il dissesto (idrogeologico)” (2/12) fino al miserabile ”L’Italia è chiamata a sacrifici necessari” di 4 giorni fa.
L’incomparablie autore di questi cosiddetti “moniti” è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Come, del resto, il suo predecessore, ama lanciare questi strali capaci di squarciare e impressionare le coscienze degli italiani, sempre troppo stupidi, evidentemente, se tali ovvietà vengono dette da chi li deve rappresentare.
Basta poco, almeno a Roma, per accorgersi che il presidente della Repubblica ha lanciato un nuovo “monito”: l’aumento vertiginoso dei “me cojoni!!!” e “m’hai detto cazzi!!!” al mercato, al bar, in macchina intrappolati nel traffico.
Quattro giorni fa si è permesso di parlare nuovamente di sacrifici quando lui medesimo, una vita passata nella politica che conta, un protagonista di quella che, pare, ha causato questo debito pubblico che oggi ci strozza, ha uno stipendio altissimo. Per non parlare dei colglaboratori, del personale di Montecitorio, di Palazzo Madama, oltre che dei colleghi politici che, certo, non si sono distinti negli ultimi anni per efficienza.
Per loro niente moniti: del resto, come potrebbe? Farebbe la figura del bue che dice cornuto all’asino. E allora i moniti “siano fatti” ai cittadini, ai morti ammazzati sul lavoro, ai pensionati che non ce la fanno più a campare, ai precari e agli sfruttati. Nessun monito riguardo l’immoralità della politica e del mondo industriale e finanziario, ma un più ecumenico “si facciano sacrifici” accompagnato magari da un cenno della mano.
Quanto durerà ancora questa presa in giro? Via, è Natale. Sia un po’ più buono anche lei. Si ricordi quel che ha combinato un mese fa nominando Monti senatore a vita e poi presidente del Consiglio.
Ci risparmi almeno il discorso di fine anno, le ovvietà di cui sarà pieno, così come le bugie e, ovviamente, i moniti a colpi di congiuntino che ci hanno fracassato i coglioni.
Se proprio sente come moto incontrollabile il dovere di farne uno, glielo suggerisco io: dica “Che io taccia”.