Marte, Paese di Merda, 5 ottobre 2161
Gli industriali, porelli, sono stufi del Governo. Toh! Ohibò! Dopo anni e anni a parlar male di sindacati (peraltro senza neppure tutti i torti), di riforma del mercato del lavoro, di flessibilità (cialtrona) e soprattutto dopo aver preso dalle tasche degli italiani più soldi di quanti ne abbiano versati nelle casse dello Stato (leggere a proposito l’interessantissimo libro di Marco Cobianchi), da Emma Marcegatta a Diego Della Pera è arrivato il momento del piantarello.
Perbacco.
I ricchi industriali non ce la fanno più: questo Governo cattivo e cialtrone, al quale però continuano a chiedere soldi – ottenendoli – e leggi per pagare meno, è maleodorante anche per loro.
Che, al contrario, con le disgrazie del “Paese di Merda” non c’entrano.
Invece di ammettere di aver contribuito allo stato penoso in cui l’Italia versa, un industriale al giorno si batte il petto come una suffragetta per invocare una politica migliore. Vergogna.
E’ il sintomo di una grande offensiva, non c’è che dire: capito che il Berliuska ha fatto il suo tempo, alzano la voce stanchi del lassismo del Governo, delle “riforme” necessarie, di un “piano di sviluppo”. Il piano è un altro o, meglio: è il solito.
La politica italiana dipende da banche e gruppi industriali. Da nient’altro. Punto. Così come la comunicazione: guardare i principali giornali a chi fanno riferimento, come campano e grazie a chi. Punto.
Indi, si lamentino poco questi lungimiranti industriali che, in realtà, nelle malefatte continue del Governo e negli intrallazzi della politica ci stanno dentro fino al collo.
Ma i tempi sono maturi, entrano in guerra per non rinunciare al governo che verrà. Entrano in guerra per l’euro, altroché, e non faranno prigionieri come al solito.
Parlano di sviluppo e riforme ma intendono finanziamenti pubblici – cioè soldi a gratis – e contratti da fame.
A fronte di una produzione a costi da miseria nei Paesi sottosviluppati.
Ma se la politica funzionasse davvero, ed è ciò di cui hanno realmente paura, salterebbero per aria con tutta la loro baracca.
La sensazione, comune a tanti é che il potere finanziario stia preparando il terreno per l’ingresso diretto di un elemento di confindustria nella gestione della cosa pubblica del dopo Berlusconi e mantenere lo status quo. In buona sostanza hanno paura e vogliono continuare a strozzare il popolo bue