La già mesta situazione politica italiana si regala l’ennesima amarezza con la penosa storia di Cristiano Di Pietro che, candidato al consiglio regionale molisano, provoca (a Termoli) dimissioni di massa dal partito guidato dal padre Tonino.
Che, da buon padre, prende le difese del figlio, elogiandone l’abnegazione alla causa del partito, la dedizione nell’assemblea comunale di Montenero di Bisaccia e la gavetta fatta – pare – come gli altri iscritti all’Italia dei Valori.
Giustificazioni deboli, dette peraltro all’interno di una difesa altrettanto penosa registrata, montata e data in pasto al web. Che, in linea di massima, l’ha digerita male: se il cocco di papà viene candidato alle regionali, l’IDV perderà non pochi voti alle prossime politiche.
Il perché è semplice: le persone sono stufe di questi andazzi, dei partiti-clan, dei “figli di” in politica.
Si, vabbé: tutti hanno il diritto di partecipare alla vita pubblica e bla bla bla. Ma è giusto da un punto di vista morale che un figlio faccia carriera nel partito politico e grazie al partito politico guidato dal padre? Chi è così sereno da credere che il figlio del capo abbia all’interno del partito lo stesso peso, la stessa considerazione dei figli di nessuno?
Se le cose non stanno così, allora, anche il trota non ha nulla di cui vergognarsi, così come le mogli, i mariti, le mignotte e i mignotti che popolano le varie assemblee pubbliche: in un modo o nell’altro, la gavetta l’hanno fatta anche loro.
Ma non credo. Perché da qualsiasi parte la si prenda, le vicende di Cristiano Di Pietro e Renzo Bossi sono uguali nella sostanza e rappresentano chiaramente la stessa anomalia: sono personaggi noti al Paese non per i gloriosi traguardi raggiunti nelle loro professioni, non per aver dato lustro all’Italia ma perché “figli di” capi di partito eletti grazie al potere detenuto dai padri stessi. Cosa fa Riccardo Di Pietro nella vita? E’ un fenomeno nel suo campo?
Nella difesa del povero Tonino non c’è il minimo accenno alle capacità del figlio. Solo una accorata sceneggiata sul diritto di ogni cittadino a partecipare alla vita politica del Paese e al lavoro di attacchinaggio fatto da Cristiano. Ma di gente che ha fatto la trafila, la gavetta che, insomma, ha lavorato a gratis ne sono pieni i partiti. Quelli però restano ad attaccare i poster e a raccogliere firme negli stand per le iniziative di partito. Il figlio del capo, guarda un po’, viene messo in lista.
E prende un sacco di voti perché ha fatto la trafila. Ahahahahahhaha!
Hai toppato Tonì, hai toppato.
P.S. Il fatto che venga eletto oppure no a questo punto è trascurabile, la vicenda maleodora comunque: anzi, vista la situazione, la non elezione di Cristiano Di Pietro potrebbe addirittura diventare un ottimo spot per mettere in evidenza le “virtù” dell’Italia dei Valori.