Gentile direttore De Bortoli,
prendo spunto dal suo editoriale di ieri 11 settembre 2011 in cui se l’è prima presa con Jurgen Stark (che disprezza il nostro Paese) per poi invitare non si sa bene chi (gli italiani? gli industriali? gli evasori? i politici? la mafia? tutti?) ad avere il solito, ennesimo scatto d’orgoglio perché grazie alle nostre risorse e senza gli sprechi da questa crisi potremmo tirarci fuori da soli.
Mi rendo conto che da direttore del Corsera tante cose non si possono dire e anche lei, in fondo, tiene famiglia.
Potrebbe, però, risparmiarsi/ci queste ovvietà che altro non fanno se non procurare grossi sbadigli e convincere chi già compra il Corriere turandosi il naso a non fare entrambe le cose.
Mi sono – insomma – ampiamente stufato di sentire tutti coloro che potrebbero fare realmente qualcosa (come un direttore del Corriere della Sera) continuare a ripetere le solite banalità e a invitare gli altri a “fare” qualcosa.
Salvo, ovviamente, lasciare le cose come stanno per mantenere le proprie garanzie.
Lei parla di sprechi, di patrimonio immobiliare fermo che rappresenta esclusivamente una spesa.
Mi chiedo innanzitutto perché non inserisce negli sprechi i rimborsi milionari che, in un modo o nell’altro, giungono al giornale che dirige dallo Stato sprecone.
E se, arrivati al 2011, sia giusto che il direttore di un grande giornale prenda uno stipendio come il suo permettendosi di licenziare, nel frattempo, i redattori ordinari che producono informazione sulla strada e di sfruttare i collaboratori ricattati dal miraggio di un contratto.
Ma quello che realmente mi infastidisce è la sufficienza con cui lei analizza sprechi e risorse.
Sulla riduzione della spesa pubblica ho qualche dubbio: se lo Stato non spende, l’economia si ferma.
FORSE intendeva dire “riduzione DEGLI SPRECHI della spesa pubblica”. E su questo, credo, non ci sia dubbio: se lo Stato, per opera dei suoi dirigenti, dà in appalto lavori per centinaia di milioni di euro a chi intasca ma poi non realizza e se lo fa stare bene vuol dire che c’è un problema. Si chieda come mai in Italia la responsabilità (civile e penale) di controllo sulla gestione e gli investimenti delle risorse pubbliche sia difficilmente accertabile.
Perché è qui il problema: chi spende per conto dello Stato dovrebbe avere la responsabilità della spesa stessa e dovrebbe essere in grado di risponderne. E se non lo fa, non è in grado etc etc, viene perseguito insieme a coloro che hanno, diciamo, sbagliato con lui.
E invece secondo lei il problema è che lo Stato spende troppo: eppure con tutti i soldi (e si parla di decine di milioni di euro) che il Corriere (non soltanto ovviamente) ha preso negli anni scorsi grazie alle “provvidenze all’editoria”, potevano sorgere tante iniziative editoriali su internet in grado di stare in piedi con stipendi dignitosi.
E’ un’idea troppo giusta ma che poco si presta agli appetiti di chi pretende la stecca sul lavoro altrui.
Mi chiedo quando è stata l’ultima volta che un direttore del Corsera è andato al supermercato.
Mi chiedo se lei abbia mai vissuto la sensazione di assoluta miseria che si prova ad affrontare una vita aggrappata alle offerte 3X2, alle code, al sudore, alla fatica manuale.
Non credo. Altrimenti non parlerebbe con la stessa sufficienza.
La stessa con cui parla del patrimonio pubblico: inutilizzato e quindi da (s)vendere.
Nossignore.
Il patrimonio pubblico deve funzionare: punto e basta. Perché liberarsene? Se lei perde il lavoro che fa: ne cerca un altro o vende la villa di famiglia? Se è una persona equilibrata si alza le maniche e va a scaricare i bancali di limoni ai mercati generali; altrimenti svende la villa e se la spassa a Santo Domingo finché non crepa. Ai suoi figli resta quel che resta (magari anche i debiti). Chi ha comprato accumula e gode. Ha comprato a poco, può vendere a tanto.
L’esempio, per quanto estremo e ridicolo, calza.
Perché invitare lo Stato a “liberarsi” del proprio patrimonio? Piuttosto, prema attraverso il suo giornale affinché questo patrimonio funzioni e costituisca un servizio. Non deve neppure generare un profitto: deve semplicemente restituire un servizio ai cittadini. Poi è chiaro: se un’azienda pubblica che ha bisogno di 30 lavoratori ne assume 3000 costituirà per forza una spesa. E un giornale come quello che lei dirige dovrebbe sforzarsi costantemente di individuare i responsabili e accertarsi che chi deve prendere provvedimenti li prenda.
Perché non si chiede per quale motivo le floride aziende che si occupano dello smaltimento dei rifiuti sono tutte private? Con l’importanza che hanno – e con quello che costano – uno Stato con un minimo di cervello se le compra tutte. L’investimento, più presto che tardi, torna con i soldi che, invece, dobbiamo spendere per un servizio vitale.
Non crede? Affronti l’argomento, trasformi una pagina del Corriere in Agorà e vedrà che le idee su come far andare meglio il Paese fioccheranno.
La crisi è da mesi a questa parte in prima pagina: non una parola sulle banche e la loro avidità, il sistema creditizio ingiusto e le speculazioni di borsa che bruciano posti di lavoro: dica qualcosa, De Bortoli, non faccia finta di niente.
Dimostri coraggio lei per una volta, anziché spronare gli altri ad averne: si tolga i sassolini che ha dentro le scarpe. Credo siano davvero tanti.
Dia a se stesso la possibilità di dare un contributo a questo Paese sempre più avvilito.
Altrimenti, si tenga pure il mal di piedi e le ovvietà.