Non ci credo

E’ evidente che l’Italia è in mano a chi non paga le tasse. Punto e basta, non c’è granché di cui parlare dopo aver dato un’occhiata all’ennesimo ritocchino della manovra finanziaria partorito nell’ultimo trust di cervelli avvenuto a Villa Arzilla. Alla fine la spuntano anche i calciatori: guai a mettere le mani nelle loro tasche. Del resto, a fronte di una vita così angusta, già fanno così tanta beneficenza (tanto si detrae). La spuntano tutti, tranne i soliti cornuti con la busta paga e gli onesti che pagano le tasse. Per tutti gli altri, c’è la Thremountcard che ti consente di vivere alla grande, non pagare le tasse, comprarti barca, fuoriserie e al sabato due puttane con cui festeggiare.

Quest’ultima trovata della pensione “al netto di Servizio Militare e Laurea” è l’ennesima porcata che taglia e ritaglia ciò che non deve essere toccato. E non fa che innescare il solito “tutti contro tutti”: i medici già sono sul piede di guerra e considerando il loro potere già immagino deroghe, eccezioni etc.

Certo non sono loro il problema vero, che è rappresentato dagli sprechi e dagli evasori fiscali. C’è un solo modo per contrastare entrambi i fenomeni: i controlli. Quelli che qualsiasi Paese realmente democratico dovrebbe effettuare per salvaguardare il bene pubblico.

Invece di continuare ad umiliare i dipendenti del pubblico impiego, la politica deve rivedere le buste paga dei dirigenti. Perché la pubblica amministrazione deve pagare dignitosamente gli impiegati e più che dignitosamente chi li guida. Da questo concetto agli stipendi faraonici dei direttori, vicedirettori, “manager” etc etc passa una fetta non trascurabile della torta degli sprechi.

Invece di tagliare di qua e di là, la politica deve fare in modo che tutti paghino le tasse. E per farlo basta far lavorare la guardia di finanza che, stranamente, dispone i posti di blocco all’alteza di Ponte Sisto ma non fa circolare un agente in incognito a Trastevere (tanto per fare un esempio) dove lo scontrino è un’opinione e l’evasione piuttosto evidente.

Invece no. Alla fine sono sempre e soltanto i soliti tagli, che non basteranno. Perché a fronte non c’è nient’altro se non il continuo impoverimento delle persone e la svendita delle ricchezze collettive. Intese sia come patrimonio immobiliare sia come servizi: ci diranno che non possiamo permettercele, che costano, che non funzionano.

Non è  vero, non ci credo. Altrimenti: perché non vendono la RAI?

1 commento su “Non ci credo”

  1. è allucinante…solo questo.
    Ogni anno universitario, per un lavoratore dipendente medio che rientra nell’aliquota del 33%, è costato ca. 4500 euro. Questo significa che “riscattare” un intero corso di studi varia tra i 18000 euro (per corsi da 4 anni) a 22500 euro (per corsi da 5 anni).
    Sale la rabbia!

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