L’Atac ci riprova: il piano industriale con cui si è proposto di risanare l’azienda di trasporto pubblico romana entro il 2015 prevede un aumento del biglietto integrato a tempo del 50%: 1 euro e mezzo, a partire dal 2012. Così come cambieranno da 30 a 35 euro gli abbonamenti mensili e da 230 a 280 gli abbonamenti annuali. A ben vedere, è sempre la solita storia: c’è una perdita? Pagano gli utenti. Nessuna ristrutturazione, tagli agli sprechi, agli stipendi faraonici degli illuminati vertici, ovviamente intoccabili, della società partecipata del Comune di Roma: solo, e soltanto, un aumento del biglietto. A fronte di un servizio lontano dagli standard europei, di una metropolitana che d’estate offre ancora corse senza aria condizionata, di intere fette della città dimenticate dagli autobus, di un sistema che ancora non garantisce l’acquisto di un biglietto una volta in “carrozza”.
Si chiama “adeguamento tariffario”, ed è la formula creativa con cui il Consiglio di amministrazione di ATAC ha proposto la porcata, ché altro non è. Perché di proposta si tratta, e come tale dovrà essere accolta da Campidoglio e Regione Lazio prima di entrare in vigore il prossimo anno. Dopo aver assunto migliaia di parenti, amici e amiche, la soluzione per fare cassa è la maggiorazione del prezzo del biglietto. “Un passo avanti per il rilancio dell’Azienda”, spiega l’assessore alla mobilità Aurigemma, che assicura novità di rilievo, come ammodernamento della flotta, lotta all’evasione e maggiore qualità del servizio: come credere a tali affermazioni dopo tutto quello che è successo con lo scandalo assunzioni? Sono anni che si parla di qualità maggiore, di riammodernamenti della flotta ma, stringi stringi, il servizio pubblico a Roma continua a fare più che schifo. E mi chiedo quanto ancora dobbiamo subire stupri di questo tipo, effettuati dalla politica tramite un’azienda pubblica che si vuole a tutti i costi svendere ai privati per realizzare nuovi, enormi guadagni alla faccia nostra.